Savona. Un calcio usa e getta. Nell’epoca del consumismo uno degli assiomi dello stile di vita moderno ha pervaso l’ambiente dello sport più popolare d’Italia.
Un tempo, ripercorrendo la storia delle società, si potevano riassumere con vere e proprie “epoche”. Sentivi parlare di Domenico Luzzara e pensavi alla Cremonese, vedevi Romeo Anconetani e ti veniva in mente il Pisa, così come associavi l’Ascoli alla figura di Costantino Rozzi. C’erano città della provincia che potevano sognare in grande perché contavano sull’appoggio costante e intoccabile di personalità forti, legate al loro territorio e ai colori della loro squadra.
Poi, repentinamente, i tempi sono cambiati. I cicli, con qualche rara e ben radicata eccezione, hanno iniziato a susseguirsi con una rapidità assillante. I tifosi di molte squadre si sono trovati sempre più disorientati ed impotenti. Hanno iniziato a vedere i colori della propria fede passare da una mano all’altra, scambiati da persone mosse dalle più svariate intenzioni. Imprenditori “foresti” hanno cominciato ad impossessarsi delle società calcistiche come fossero giocattoli, costruendole e poi smantellandole con fulmineità quasi incomprensibile.
Tra i professionisti alcuni presidenti, presentatisi quali sedicenti mecenati, hanno preso in mano una squadra per poi lasciarla fallire a distanza di un anno o poco più. E non mancano i casi dei “recidivi”, ossia imprenditori che, lasciata una società al suo amaro destino, ne hanno immediatamente presa un’altra, conducendola in breve alla stessa sorte. Mercanti del pallone, così lontani dai presidenti legati ai colori della loro squadra. Persone che con grande abilità oratoria si sono fatte benvolere, scaldando la piazza, per poi scappare a gambe levate quando hanno ottenuto ciò che volevano. O hanno capito che non c’era la possibilità di ottenerlo.
Savona ne sa qualcosa. Non è poi così lontano il ricordo di Domenico Russo. Imprenditore che prima ha guidato il Borgio Verezzi, poi è passato al Cogoleto, quindi al Pietra Ligure. Con quest’ultima squadra, in lotta al vertice della Promozione, ha smesso di pagare gli stipendi e poco dopo si è accasato al Savona. I risultati sono ancora vivi nella memoria dei tifosi biancoblu, e non sono piacevoli. Nella piccola realtà savonese ci sono tanti altri esempi di presidenti che hanno scelto improvvisamente di cambiare aria. Uno per tutti, Fabrizio Vincenzi che, portato l’Andora dalla Seconda Categoria all’Eccellenza, lo ha abbandonato per passare alla Veloce. Una volta salito di categoria con i colori granata, ha dato il suo addio.
Tornando al Savona Fbc, è da tempi di Enzo Grenno, sulla poltrona dal 1987 al 1995, che non vive un ciclo degno di questo nome. Dopo la breve parentesi di Lino Di Blasio e quella tutt’altro che felice con Gianfranco e Maurizio Montali, è venuto il quinquennio di Bettino Piro, fatto di luci ed ombre. Poi il già citato Russo e quindi, dal 2006 al 2009, Roberto Romani, che ha lasciato un ricordo tutt’altro che esaltante.
Poco più di due anni fa arrivò Andrea Pesce. E oggi se n’è già andato. La sua breve epoca alla guida degli striscioni ha vissuto l’apice nella primavera del 2010, con la promozione in serie D. Poi i segnali negativi sono arrivati in successione, sempre più frequenti e preoccupanti.
Nella scorsa stagione vi sono state le inadempienze che hanno causato la mancata qualificazione ai playoff. Quest’estate la società non ha dato una bella immagine di sé, con il pasticcio della richiesta di ripescaggio in Prima Divisione volutamente incompleta. Pesce ha continuato ad investire, ma l’entusiasmo è scemato e la sua presenza si è fatta meno brillante, è parso sempre più distante e svogliato. La campagna acquisti estiva è stata fatta all’insegna del risparmio, in maniera tardiva e attingendo agli scarti sul mercato. Il presidente ha avuto il merito di non nascondersi mai e il 5 agosto scorso ha organizzato un incontro pubblico, nel quale ha dato vita ad un dibattito con i tifosi e ha reso noto come la situazione economica non fosse più delle migliori. Precisazioni chiare ed evidenti, preludio di un futuro incerto. Parole dette con il tono di una persona spazientita dall’imprenditoria locale, sorda ad ogni genere di appello.
Nel mese di ottobre sarà approvato il Puc, ma la costruzione del nuovo stadio pare sempre più lontana. L’interesse primario che aveva portato Andrea Pesce ad investire a Savona, e nel Savona, è praticamente sfumato. E così, come tanti altri imprenditori arrivati alla guida di altrettante società mossi da motivazioni economiche, ha fatto le valigie.
La breve parabola del presidente genovese alla guida del Savona è stata espressa al meglio dalle presentazioni estive della squadra. Dal colorata e vivace esordio in Darsena, all’introduzione decisamente meno spettacolare dello scorso anno e, per concludere, la presentazione sottotono di quest’anno, fissata per una data e poi rinviata, compiuta con una squadra ancora da costruire.
Ironia della sorte, l’ultima partita del Savona sotto la sua gestione cui ha assistito Andrea Pesce, può essere paragonata alla sua breve avventura in biancoblu. Domenica a Treviso gli striscioni hanno giocato una prima parte di gara esaltante, correndo il doppio degli avversari. Poi, quando sembravano vicini a piazzare il colpo del ko, sono via via calati e hanno giocato un secondo tempo scialbo, con il fiato corto. Alla fine non ce n’era più.
Termometro affidabile della situazione attuale, come sempre, è il blog Biancoblutimes. Sin dall’estate i sostenitori che scrivono nella chat hanno manifestato in gran parte perplessità per la squadra costruita e per l’ambiente intorno alla squadra. Poco tifo, scarso entusiasmo. Nei giorni scorsi ha tenuto banco l’idea di azionariato popolare lanciata da Armienti, per la quale, più di ogni altro, è stato chiaro il pensiero di un tifoso: “Se esponenti di spicco arrivano ad elemosinare 30 mila euro, capite bene che esiste un problema urgente”.
Oggi, poco dopo le 18, appresa la notizia delle dimissioni di Pesce, il primo messaggio è giunto da un sostenitore che si firma Ivan: “E’ finito il sogno…”. “E’ finita – gli fa eco Calicesv -. Ora vediamo veramente chi tiene a questa maglia!”. C’è anche chi si lancia in un paragone mitologico: “In due anni siamo passati dal Wahalla all’Utgard!”. E pronte ci sono le idee di passare all’azione, senza però troppa convinzione: “Ora perché non andiamo sotto al Comune come farebbero altre tifoserie? A Savona mancano i tifosi e forse anche per questo Pesce si è dimesso”.
Big Biancoblù, in un altro messaggio nella chat, non le manda a dire: “Basta arraffoni. Se a nessun milionario tifoso interessa il Savona è giusto che torni in categorie inferiori. Tutti quelli che vengono vogliolo solo guadagnare”. E prosegue: “Il calcio è uno sport, il presidente lo deve fare per passione non per guadagnare!”. Un pessimismo ulteriore si legge nelle parole di Editor: “Non c’è niente da fare, in questa città non si potrà mai fare nulla di nulla. Per lavorare bisogna andare via, per divertirsi bisogna andare via, per vedere il calcio bisogna andare da altre parti”.
Conclude Samp68: “La notizia delle dimissioni di Pesce significa niente stadio e futuro grigio”. Riguardo al futuro, solamente venerdì la società chiarirà la situazione. Non è noto quali siano le residue disponibilità economiche, quali gli obiettivi. Non circolano nomi di persone pronte a farsi carico delle spese da affrontare per portare avanti l’attività. C’è un campionato di Seconda Divisione da affontare e mai come oggi il Savona ha bisogno di una persona che ami questi colori e abbia voglia di spendere per la squadra e per la sua tifoseria, senza secondi fini.
» Christian Galfrè
Un tempo, ripercorrendo la storia delle società, si potevano riassumere con vere e proprie “epoche”. Sentivi parlare di Domenico Luzzara e pensavi alla Cremonese, vedevi Romeo Anconetani e ti veniva in mente il Pisa, così come associavi l’Ascoli alla figura di Costantino Rozzi. C’erano città della provincia che potevano sognare in grande perché contavano sull’appoggio costante e intoccabile di personalità forti, legate al loro territorio e ai colori della loro squadra.
Poi, repentinamente, i tempi sono cambiati. I cicli, con qualche rara e ben radicata eccezione, hanno iniziato a susseguirsi con una rapidità assillante. I tifosi di molte squadre si sono trovati sempre più disorientati ed impotenti. Hanno iniziato a vedere i colori della propria fede passare da una mano all’altra, scambiati da persone mosse dalle più svariate intenzioni. Imprenditori “foresti” hanno cominciato ad impossessarsi delle società calcistiche come fossero giocattoli, costruendole e poi smantellandole con fulmineità quasi incomprensibile.
Tra i professionisti alcuni presidenti, presentatisi quali sedicenti mecenati, hanno preso in mano una squadra per poi lasciarla fallire a distanza di un anno o poco più. E non mancano i casi dei “recidivi”, ossia imprenditori che, lasciata una società al suo amaro destino, ne hanno immediatamente presa un’altra, conducendola in breve alla stessa sorte. Mercanti del pallone, così lontani dai presidenti legati ai colori della loro squadra. Persone che con grande abilità oratoria si sono fatte benvolere, scaldando la piazza, per poi scappare a gambe levate quando hanno ottenuto ciò che volevano. O hanno capito che non c’era la possibilità di ottenerlo.
Savona ne sa qualcosa. Non è poi così lontano il ricordo di Domenico Russo. Imprenditore che prima ha guidato il Borgio Verezzi, poi è passato al Cogoleto, quindi al Pietra Ligure. Con quest’ultima squadra, in lotta al vertice della Promozione, ha smesso di pagare gli stipendi e poco dopo si è accasato al Savona. I risultati sono ancora vivi nella memoria dei tifosi biancoblu, e non sono piacevoli. Nella piccola realtà savonese ci sono tanti altri esempi di presidenti che hanno scelto improvvisamente di cambiare aria. Uno per tutti, Fabrizio Vincenzi che, portato l’Andora dalla Seconda Categoria all’Eccellenza, lo ha abbandonato per passare alla Veloce. Una volta salito di categoria con i colori granata, ha dato il suo addio.
Tornando al Savona Fbc, è da tempi di Enzo Grenno, sulla poltrona dal 1987 al 1995, che non vive un ciclo degno di questo nome. Dopo la breve parentesi di Lino Di Blasio e quella tutt’altro che felice con Gianfranco e Maurizio Montali, è venuto il quinquennio di Bettino Piro, fatto di luci ed ombre. Poi il già citato Russo e quindi, dal 2006 al 2009, Roberto Romani, che ha lasciato un ricordo tutt’altro che esaltante.
Poco più di due anni fa arrivò Andrea Pesce. E oggi se n’è già andato. La sua breve epoca alla guida degli striscioni ha vissuto l’apice nella primavera del 2010, con la promozione in serie D. Poi i segnali negativi sono arrivati in successione, sempre più frequenti e preoccupanti.
Nella scorsa stagione vi sono state le inadempienze che hanno causato la mancata qualificazione ai playoff. Quest’estate la società non ha dato una bella immagine di sé, con il pasticcio della richiesta di ripescaggio in Prima Divisione volutamente incompleta. Pesce ha continuato ad investire, ma l’entusiasmo è scemato e la sua presenza si è fatta meno brillante, è parso sempre più distante e svogliato. La campagna acquisti estiva è stata fatta all’insegna del risparmio, in maniera tardiva e attingendo agli scarti sul mercato. Il presidente ha avuto il merito di non nascondersi mai e il 5 agosto scorso ha organizzato un incontro pubblico, nel quale ha dato vita ad un dibattito con i tifosi e ha reso noto come la situazione economica non fosse più delle migliori. Precisazioni chiare ed evidenti, preludio di un futuro incerto. Parole dette con il tono di una persona spazientita dall’imprenditoria locale, sorda ad ogni genere di appello.
Nel mese di ottobre sarà approvato il Puc, ma la costruzione del nuovo stadio pare sempre più lontana. L’interesse primario che aveva portato Andrea Pesce ad investire a Savona, e nel Savona, è praticamente sfumato. E così, come tanti altri imprenditori arrivati alla guida di altrettante società mossi da motivazioni economiche, ha fatto le valigie.
La breve parabola del presidente genovese alla guida del Savona è stata espressa al meglio dalle presentazioni estive della squadra. Dal colorata e vivace esordio in Darsena, all’introduzione decisamente meno spettacolare dello scorso anno e, per concludere, la presentazione sottotono di quest’anno, fissata per una data e poi rinviata, compiuta con una squadra ancora da costruire.
Ironia della sorte, l’ultima partita del Savona sotto la sua gestione cui ha assistito Andrea Pesce, può essere paragonata alla sua breve avventura in biancoblu. Domenica a Treviso gli striscioni hanno giocato una prima parte di gara esaltante, correndo il doppio degli avversari. Poi, quando sembravano vicini a piazzare il colpo del ko, sono via via calati e hanno giocato un secondo tempo scialbo, con il fiato corto. Alla fine non ce n’era più.
Termometro affidabile della situazione attuale, come sempre, è il blog Biancoblutimes. Sin dall’estate i sostenitori che scrivono nella chat hanno manifestato in gran parte perplessità per la squadra costruita e per l’ambiente intorno alla squadra. Poco tifo, scarso entusiasmo. Nei giorni scorsi ha tenuto banco l’idea di azionariato popolare lanciata da Armienti, per la quale, più di ogni altro, è stato chiaro il pensiero di un tifoso: “Se esponenti di spicco arrivano ad elemosinare 30 mila euro, capite bene che esiste un problema urgente”.
Oggi, poco dopo le 18, appresa la notizia delle dimissioni di Pesce, il primo messaggio è giunto da un sostenitore che si firma Ivan: “E’ finito il sogno…”. “E’ finita – gli fa eco Calicesv -. Ora vediamo veramente chi tiene a questa maglia!”. C’è anche chi si lancia in un paragone mitologico: “In due anni siamo passati dal Wahalla all’Utgard!”. E pronte ci sono le idee di passare all’azione, senza però troppa convinzione: “Ora perché non andiamo sotto al Comune come farebbero altre tifoserie? A Savona mancano i tifosi e forse anche per questo Pesce si è dimesso”.
Big Biancoblù, in un altro messaggio nella chat, non le manda a dire: “Basta arraffoni. Se a nessun milionario tifoso interessa il Savona è giusto che torni in categorie inferiori. Tutti quelli che vengono vogliolo solo guadagnare”. E prosegue: “Il calcio è uno sport, il presidente lo deve fare per passione non per guadagnare!”. Un pessimismo ulteriore si legge nelle parole di Editor: “Non c’è niente da fare, in questa città non si potrà mai fare nulla di nulla. Per lavorare bisogna andare via, per divertirsi bisogna andare via, per vedere il calcio bisogna andare da altre parti”.
Conclude Samp68: “La notizia delle dimissioni di Pesce significa niente stadio e futuro grigio”. Riguardo al futuro, solamente venerdì la società chiarirà la situazione. Non è noto quali siano le residue disponibilità economiche, quali gli obiettivi. Non circolano nomi di persone pronte a farsi carico delle spese da affrontare per portare avanti l’attività. C’è un campionato di Seconda Divisione da affontare e mai come oggi il Savona ha bisogno di una persona che ami questi colori e abbia voglia di spendere per la squadra e per la sua tifoseria, senza secondi fini.
» Christian Galfrè
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